Come il colore, o la sua assenza determina l’impatto delle nostre fotografie
Dalla nascita della fotografia alla sua evoluzione tecnologica che permettesse una riproduzione a colori delle immagini, è dovuto trascorrere praticamente un secolo in cui diversi ricercatori e scienziati, fotografi e artisti hanno sperimentato le più disparate tecniche: dalla colorazione manuale degli scatti a complicate procedure di sovrapposizioni di lastre e filtri ed emulsioni.
La necessità di passare dal bianco e nero al colore era piuttosto ovvia: noi vediamo a colori, pertanto anche le foto sarebbero dovute essere a colori per rappresentare coerentemente la realtà. Ma la fotografia in bianco e nero non è mai veramente tramontata, e ancora oggi è largamente utilizzata, specie in alcune circostanze o ricerche stilistiche, con un approccio più emozionale e, forse, legato un po’ anche al quell’effetto “old style” che ci regalano.
Avendo oggi possibilità di scelta, cosa spinge un fotografo a scegliere il colore piuttosto che la sua assenza, o cosa dovrebbe guidare un neofita per capire come e perché fare questa scelta?
Il bianco e nero
Nonostante l’evoluzione tecnologica e le nuove invenzioni, specie ora con la fotografia digitale dove tutto è decisamente molto più semplice e alla portata di tutti, spesso si sceglie di perpetrare lo scatto in bianco e nero ottenendo fotografie di grande impatto e con un particolare gusto comunicativo. Perché questa scelta?
“Nelle fotografie a colori c’è già tutto. Una foto in bianco e nero invece è come un’illustrazione parziale della realtà. Chi la guarda, deve ricostruirla attraverso la propria memoria che è sempre a colori, assimilandola a poco a poco. C’è quindi un’interazione molto forte tra l’immagine e chi la guarda. La foto in bianco e nero può essere interiorizzata molto di più di una foto a colori, che è un prodotto praticamente finito” – Sebastião Salgado
Al di là di una scelta stilistica o del rapporto tra fotografo e osservatore, nella fotografia in bianco e nero è facile rendersi conto come la nostra capacità cognitiva di percepire forme e sfumature lavora diversamente rispetto ad un prodotto colorato, anche quando si tratta di intuizione dei colori (che riconosciamo grazie alla costanza percettiva, ovvero una memoria interiorizzata del colore degli oggetti, fatta di esperienza nel vedere e osservare il mondo – ad esempio sappiamo che il cielo è blu, difficilmente ce lo immagineremmo giallo limone!)
Privare uno scatto del colore non è necessariamente una perdita di informazioni. Può, infatti, rafforzare molto di più il senso e la forza comunicativa dell’immagine.
Nel bianco e nero i volumi emergono più evidentemente grazie alle sfumature e i chiaroscuri dei toni di grigio: la tridimensionalità degli oggetti diventa più evidente, le forme sono più pure e non veniamo distratti dal colore.
Le ombre, grigie o nere, hanno la stessa importanza degli oggetti che le proiettano nella scena o su se stessi e diventano elementi fondamentali nella composizione, in modo più evidente che nella foto a colori. Le stesse texture di materiali o i drappeggi di un tessile, il ritmo di alternanza di luci e ombre diventano molto più ricche e quasi tangibili.
Il colore
Le foto a colori, di contro, diventano straordinarie quando è proprio il colore il protagonista, quando la composizione lavora in funzione delle tonalità ritratte e degli accostamenti o contrasti tra oggetti o aree definite.
In qualche modo si potrebbe dire che il colore serve a se stesso, ma attenzione…non dobbiamo dimenticare che il colore, al contrario della luce e delle ombre, è un’esperienza soggettiva e come tale ogni fotografo (e osservatore) ha una differente sensibilità nel cogliere determinate sfumature, tonalità e le dominanti presenti nella scena.
I nostri occhi infatti vedono diversamente i colori, tutti noi in modo unico, oltre al fatto che anche creare una composizione attraverso i colori della scena necessita di una certa dose di sensibilità (o educazione) visiva a cui spesso non viene data importanza nei primi approcci alla fotografia da parte di un neofita.
L’accostamento dei colori, in fotografia e nella vita in generale, segue degli schemi che possiamo deliberatamente infrangere o decidere di seguire, ma come spesso mi trovo ad affermare, conoscere gli schemi (di colore, di composizione, di tecnica) è una base di consapevolezza necessaria per ponderare le nostre scelte stilistiche.
L’uno o l’altra?
Scattare foto è, come vi raccontavo in questo articolo, un atto di progettualità, che sia più o meno istintivo o costruito meticolosamente, ma pur sempre un insieme di decisioni che prendiamo da quando scegliamo il soggetto, al momento dell’inquadratura, alle impostazioni di scatto e la post produzione finale.
Ad esempio, nello scatto in bianco e nero, non possiamo semplicemente decidere di desaturare l’immagine, ma dobbiamo già pensarla in bianco e nero quando stiamo costruendo la scena: come risulteranno i toni di bianco e di nero, in assenza dei colori? la composizione tiene conto dei contrasti che diventeranno più evidenti o più piatti? come tratteremo la presenza di ampie zone chiare o scure e monocromatiche (come ad esempio il cielo, i prati, il mare,…)?
Allo stesso modo tratteremo lo scatto di una foto a colori: più colore non equivale a più qualità. L’accostamento dei toni nella composizione è funzionale alla rappresentazione del soggetto? come lavorano tra di loro le aree di diversi colori? quanti e quali colori sto inserendo nello scatto e perché? Quali altri elementi mi aiutano a definire un equilibrio tra contrasti cromatici forti o a guidare lo sguardo in una situazione omogenea?
La fotografia è dunque un enorme lavoro di immaginazione e di pre-visualizzazione prima di diventare immagine finita.
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